ll Diario di Santa Faustina Kowalska- I° Quaderno - Parte 1/8
I° Quaderno - Parte 1/8
Ora
la sua anima passa sotto il potere del Giusto. Cessano tutte le tentazioni
esterne, tace tutto ciò che la circonda, come un agonizzante non ha più la
percezione di quello che gli sta attorno: tutta la sua anima è raccolta sotto la
potenza del Giusto e tre volte santo Iddio. Respinta per l'eternità. Questo è il
momento più teso e soltanto Iddio può provare un'anima in questo modo, poiché
Lui solo sa che l'anima può sopportarlo. Quando l'anima è stata compenetrata da
parte a parte da quel fuoco infernale, precipita quasi nella disperazione. La
mia anima sperimentò questo momento quando ero in cella tutta sola. Quando
l'anima cominciò a sprofondare nella disperazione, sentii che stava giungendo la
mia agonia. Allora afferrai un piccolo crocifisso e lo strinsi spasmodicamente
in mano. Sentii che il mio corpo si distaccava dall'anima e, sebbene desiderassi
andare dai Superiori, non avevo più le forze fisiche. Pronunciai le ultime
parole: « Confido nella Tua Misericordia», e mi sembrò quasi di aver spinto
Iddio ad un'ira ancora più grande e sprofondai proprio nella disperazione e solo
di tanto in tanto erompeva dall'anima mia un lamento doloroso, un lamento
inconsolabile. L'agonia dell'anima. E mi sembrava che ormai sarei rimasta in
quello stato, dato che con le mie forze non avrei potuto uscirne.
Ogni ricordo
di Dio è un mare indescrivibile di sofferenze, eppure c'è qualcosa nella mia
anima che anela fervidamente a Dio; ma a lei sembra che abbia solo lo scopo di
farla soffrire di più. Il ricordo del precedente amore, che Dio le aveva
elargito, è per lei un tormento di nuovo genere. I Suoi occhi l'han trapassata
da parte a parte e tutto è stato bruciato nell'anima dallo sguardo di Lui. Fu un
lungo momento finché entrò nella cella una delle suore e mi trovò quasi morta.
Si spaventò e andò dalla Maestra, che in virtù della santa obbedienza mi ordinò
di alzarmi da terra ed all'istante sentii le forze fisiche e mi sollevai da
terra tutta tremante. La Maestra conobbe subito in pieno lo stato della mia
anima. Mi parlò dell'insondabile Misericordia di Dio e disse: « Non si preoccupi
affatto, sorella; glielo ordino in virtù dell'obbedienza ». E mi disse ancora: «
Ora vedo che Iddio la chiama ad una grande santità. Il Signore vuole averla
vicino a Sé, dato che permette queste cose e così presto. Sia fedele a Dio,
sorella, poiché questo è un segno che la vuole in alto nel cielo ». Io però non
capii nulla di quelle parole. Quando entrai in cappella sentii come se tutto si
fosse staccato dalla mia anima, come se fossi appena uscita dalle mani di Dio.
Sentii l'inafferrabilità della mia anima. Sentii che ero una piccola bimba.
All'improvviso vidi interiormente il Signore, il quale mi disse: «
Non temere, figlia Mia, Io sono con te ».
In quello stesso momento svanirono tutte le tenebre e le angosce, i sensi furono
inondati da una gioia indescrivibile, le facoltà dell'anima ripiene di luce.
Voglio ricordare ancora che, sebbene la mia anima fosse già sotto i raggi del
Suo amore, le tracce del supplizio passato rimasero ancora per due giorni nel
mio corpo. Il volto pallido come quello di una morta, gli occhi iniettati di
sangue. Solo Gesù sa quello che ho sofferto. In confronto alla realtà, è
sbiadito quello che ho scritto. Non so come esprimermi. Mi sembra di essere
tornata dall'aldilà. Provo disgusto per tutto ciò che è creato. Mi stringo al
Cuore del Signore come un lattante al petto della madre. Guardo alle cose con
occhi diversi. Sono consapevole di quello che ha fatto il Signore con una parola
nella mia anima; di questo vivo. Al solo ricordo del martirio passato, mi
vengono i brividi. Non avrei creduto che si potesse soffrire così, se io stessa
non l'avessi passato. E una sofferenza completamente spirituale. Tuttavia in
tutte queste sofferenze e battaglie non ho mai tralasciato la S. Comunione.
Quando mi sembrava che non avrei dovuto comunicarmi, prima della S. Comunione
andavo dalla Maestra e le dicevo: « Non posso andare alla S. Comunione; mi
sembra che non dovrei andarci ». Essa però non mi permetteva di tralasciare la
S. Comunione e io andavo e mi sono resa conto che solo l'obbedienza mi ha
salvato. La Maestra stessa, in seguito, mi disse che quelle mie esperienze erano
finite presto, « soltanto perché lei è stata obbediente. È dovuto solo alla
potenza dell'obbedienza che lei ne è uscita così valorosamente ». E vero che il
Signore stesso mi ha tirato fuori da quel supplizio, ma la fedeltà
all'obbedienza Gli era piaciuta. Benché queste siano cose spaventose, tuttavia
nessun'anima dovrebbe spaventarsene eccessivamente, poiché Dio non dà prove al
di sopra di quello che possiamo. E d'altronde forse mai permetterà su di noi
simili tormenti. Ma lo scrivo perché se al Signore dovesse piacere condurre
qualche anima attraverso simili tormenti, non si spaventi, ma sia in tutto, per
quanto dipende da lei, fedele a Dio. Iddio non fa torto all'anima, poiché è
l'amore stesso, e per questo amore incomprensibile ci ha chiamato all'esistenza.
Però quando mi son trovata in quella tremenda afflizione, questo non lo
comprendevo. O Dio mio, ho conosciuto che non sono di questa terra; me l'ha
impresso nell'anima in modo energico il Signore. I miei rapporti di familiarità
sono più col cielo che con la terra, benché non trascuri in nulla i miei doveri.
In quei momenti non avevo un direttore spirituale e non conoscevo nessuna
direzione. Pregavo il Signore e non mi dava un direttore. Gesù stesso è stato il
mio Maestro dall'infanzia fino ad ora; mi ha condotto attraverso tutte le
foreste ed i pericoli. Vedo chiaramente che soltanto Iddio poteva condurmi
attraverso così grandi pericoli senza alcun danno, senza discapito; per questo
l'anima mia è rimasta intatta ed ho vinto sempre. Da tutte le difficoltà, che
sono state inimmaginabili, uscì. Tuttavia il Signore mi diede un direttore
spirituale, ma più tardi. Dopo quelle sofferenze l'anima è di una grande
limpidezza di spirito ed in una grande vicinanza con Dio, benché debba ancora
ricordare che in quei tormenti spirituali essa è vicina a Dio, ma è cieca. Lo
sguardo della sua anima è avvolto dalle tenebre, ma Dio è più vicino ad una tale
anima sofferente, solo che tutto il segreto sta proprio in questo, che essa non
lo sa. Essa afferma non solo che Dio l'ha abbandonata, ma che essa è oggetto del
Suo odio. Che grave malattia della vista dell'anima che, abbagliata dalla luce
di Dio, afferma che Dio è assente, mentre è così forte che la rende cieca. In
seguito però ho conosciuto che Dio le è più vicino in quei momenti che in
qualsiasi altra circostanza, poiché con l'aiuto normale della grazia non
potrebbe superare quelle prove. Qui opera l'onnipotenza divina ed una grazia
straordinaria, perché diversamente si spezzerebbe al primo urto. O Divino
Maestro, questo è soltanto opera Tua nella mia anima. Tu, o Signore, non hai
paura di mettere un'anima sull'orlo di una spaventosa voragine, dove essa è
spaventata e terrorizzata e la richiami nuovamente a Te. Questi sono i Tuoi
incomprensibili misteri. Quando durante quei supplizi dell'anima cercavo di
accusarmi nella santa confessione delle più piccole inezie, quel sacerdote si
meravigliò che non commettessi mancanze più gravi e mi disse queste parole: « Se
lei, sorella, in questi tormenti è così fedele a Dio, la cosa in sé mi dà la
prova che Iddio la sostiene con la Sua grazia particolare ed il fatto che lei
non comprenda questo è anche bene ». Strano però che i confessori non abbiano
potuto né capirmi, né tranquillizzarmi in quelle cose fino all'incontro con P.
Andrasz ed in seguito con Don Sopocko. Alcune parole sulla confessione e sui
confessori. Ricorderò soltanto ciò che ho sperimentato e vissuto nella mia
anima. Ci sono tre cose per cui l'anima non ricava profitto dalla confessione in
quei momenti eccezionali. La prima è che il confessore conosce poco le vie
straordinarie e mostra meraviglia se un'anima gli svela i grandi misteri che Dio
compie nell'anima. Questa sua meraviglia già mette in allarme un'anima delicata:
essa nota che il confessore è indeciso nell'esprimere il suo parere e non si
rassicura, ma ha ancora più dubbi dopo la confessione di quanti ne avesse prima,
poiché essa sente che il confessore la tranquillizza ma lui stesso non è sicuro.
Oppure, cosa che mi è capitata, il confessore, non riuscendo a penetrare alcuni
misteri di un'anima, le rifiuta la confessione, mostra un certo timore
all'avvicinarsi di quell'anima alla grata. Come può un'anima in tale stato
attingere tranquillità nel confessionale, dato che essa è così sensibile ad ogni
parola del sacerdote? A mio parere in tali momenti di speciali visite di Dio ad
un'anima, se il sacerdote non la comprende dovrebbe indicarle un confessore
esperto ed illuminato, od attingere egli stesso lumi, in modo che possa dare
all'anima ciò di cui ha bisogno, e non addirittura rifiutarle la confessione,
poiché in questo modo l'espone ad un grande pericolo e più di un'anima può
abbandonare la strada sulla quale il Signore voleva averla in modo particolare.
Questa è una cosa di grande importanza, poiché io stessa ne ho fatto
l'esperienza, cioè che già cominciavo a barcollare, nonostante questi
straordinari doni di Dio. E sebbene Dio stesso mi tranquillizzasse, tuttavia
desideravo sempre avere il sigillo della Chiesa. La seconda cosa è il fatto che
il confessore non permetta di svelare tutto sinceramente, che dimostri
impazienza. L'anima allora ammutolisce e non dice tutto e per ciò stesso non
ricava profitto, e tanto meno ricava profitto, quando capita che il confessore
cominci a sottoporre a prove l'anima; e, siccome non la conosce, invece di
giovarle, le arreca danno. E questo perché essa sa che il confessore non la
conosce, dato che non le ha permesso di svelargli completamente, sia per quanto
concerne le grazie, sia per quanto concerne la sua miseria. E per questo motivo
la prova non è appropriata. Ho avuto alcune prove, che mi hanno fatto ridere.
Esprimerò meglio lo stesso concetto con queste parole: il confessore è il medico
dell'anima; pertanto come può un medico che non conosce la malattia prescrivere
una medicina appropriata? Nemmeno a pensarci; poiché o non avrà alcun risultato
positivo, oppure la darà troppo forte ed aggraverà la malattia e talvolta - Dio
ce ne scampi - può procurare la morte, appunto perché troppo forte. Parlo per
esperienza, dato che in certi casi mi ha trattenuto addirittura il Signore
stesso. La terza cosa è questa: capita che il confessore talvolta faccia poco
conto delle piccole cose. Non c'è nulla di piccolo nella vita spirituale.
Talvolta una cosa piccola in apparenza fa scoprire una cosa di grande
importanza, e per il confessore è un fascio di luce per la conoscenza di
un'anima. Molte sfumature spirituali si nascondono nelle piccole cose. Non
sorgerà mai un fabbricato magnifico, se gettiamo via i mattoni piccoli. Iddio da
qualche anima esige una grande purezza; per questo le invia una più profonda
conoscenza della propria miseria. Illuminata dalla luce che viene dall'alto
conosce meglio ciò che piace a Dio, e ciò che non piace. Il peccato è secondo la
conoscenza e la luce dell'anima; lo stesso anche le imperfezioni, benché essa
sappia che ciò che riguarda strettamente il sacramento è il peccato... ma queste
piccole cose hanno una grande importanza per chi tende alla santità e non può un
confessore tener poco conto di questo. La pazienza e la mitezza del confessore
aprono la via ai più profondi segreti di un'anima: l'anima quasi senza
accorgersene svela la sua abissale profondità. E si sente più forte e più
resistente. Ora lotta più valorosamente; si dà maggiormente da fare, poiché sa
che deve renderne conto. Ricorderò ancora una cosa per quanto riguarda il
confessore. Egli deve talvolta sperimentare, deve mettere alla prova, deve
esercitare, deve conoscere se ha a che fare con della paglia, o con del ferro, o
con dell' oro puro. Ognuna di queste tre anime ha bisogno di esercitarsi in modo
particolare. Il confessore deve necessariamente formarsi un'opinione chiara su
ognuna, in modo che sappia quello che può sopportare in determinati momenti,
circostanze e casi. Per quanto mi riguarda, in seguito, dopo molta esperienza,
quando mi resi conto di non essere compresa, non svelai più la mia anima e non
mi guastai la tranquillità. Questo però avvenne solo quando tutte queste grazie
furono sotto il giudizio di un saggio, istruito ed esperto confessore. Ora so
come comportarmi in certi casi. E desidero nuovamente dire alcune parole
all'anima che vuole tendere decisamente alla santità e riportare frutto cioè
vantaggio della confessione. La prima, totale sincerità e apertura. Il più santo
ed il più saggio dei confessori non può infondere a viva forza in un'anima ciò
che desidera, se l'anima non è sincera ed aperta. Un'anima insincera, chiusa, si
espone a grandi pericoli nella vita spirituale e lo stesso Gesù non si dona ad
una tale anima in modo superiore, perché sa che essa non ricaverebbe vantaggi da
queste grazie speciali. La seconda parola, l'umiltà. Un'anima non ricava
adeguati vantaggi dal sacramento della confessione, se non è umile. La superbia
tiene l'anima nelle tenebre. Essa non sa e non vuole penetrare esattamente nel
profondo della sua miseria: si maschera e fugge da tutto ciò che dovrebbe
guarirla. La terza parola è l'obbedienza. Un'anima disobbediente non riporterà
alcuna vittoria, anche se fosse Gesù stesso a confessarla direttamente. Il
confessore più esperto non può essere di alcun aiuto ad una tale anima. Un'anima
disobbediente si espone a grandi sventure e non progredirà affatto nella
perfezione e non se la caverà nella vita spirituale. Iddio ricolma di grazia nel
modo più abbondante le anime, ma le anime obbedienti. Oh! quanto sono graditi
gl'inni che sgorgano da un'anima che soffre! Tutto il cielo rimane estasiato di
fronte ad una tale anima, specialmente quando è provata da Dio. Essa indirizza
verso di Lui i suoi nostalgici lamenti. La sua bellezza è grande, perché
proviene da Dio. Va attraverso il deserto della vita ferita d'amore divino. Essa
tocca la terra con un piede solo.
Continua......
Commenti
Posta un commento