"LA SANTITÀ A PORTATA DI TUTTI"
Il primo novembre si celebra anche la festa dei santi
sconosciuti
di padre Luigi Borriello, ocd
ROMA, martedì, 30 ottobre 2012 (ZENIT.org) – All’Angelus de 1° novembre 2007, il Papa ricordava che
«la santità non è una condizione di privilegio, in realtà diventare santo è il
compito di ogni cristiano, anzi di ogni uomo!».
Forse alcuni provano un certo disagio di fronte alla parola 'santità',
anche se i cristiani sono 'santi' in virtù del battesimo.
Per rispondere alla vocazione universale alla santità, quindi, non
occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali;
è necessario innanzitutto ascoltare Gesù e poi seguirlo senza alcuna
riserva.
«Se uno mi vuol servire – afferma il Maestro - mi segua, e dove sono io,
là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà»
(Gv 12, 26). Chi lo ama con
sincerità, come il chicco di grano sepolto nella terra, accetta di morire a sé
stesso. Egli infatti sa che «chi ama la sua vita la perde, e, chi odia la sua
vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12, 25).
L'esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur
seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce, la via della
rinuncia a se stesso. I Santi hanno perseverato nel loro impegno, «sono passati
attraverso la grande tribolazione - si legge nell'Apocalisse - e hanno lavato le
loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello» (Ap 7, 14).
La santità esige uno sforzo costante, a tutti possibile perché, più che
opera dell'uomo, è anzitutto dono di Dio, tre volte Santo (cf Is 6, 3). È Dio, dunque, che per primo ci ha
amati e in Gesù ci ha resi suoi figli adottivi.
Nella nostra vita tutto è dono del suo amore. Pertanto, quanto più
imitiamo Gesù e Gli restiamo uniti, tanto più entriamo nel mistero della santità
divina. Scopriamo di essere amati da Lui in modo infinito, e questo ci spinge, a
nostra volta, ad amare i fratelli. Amare implica sempre un atto di rinuncia a se
stessi, il "perdere se stessi", e proprio così ci rende felici.
Le Beatitudini, che costituiscono la santità concreta dettataci dal
Maestro, forniscono la fisionomia spirituale di Gesù, esprimendo il suo mistero
di morte e risurrezione. Tale mistero, che è mistero della vera beatitudine,
invita alla sequela di Gesù, quindi al cammino verso di essa. Nella misura in
cui accogliamo la sua proposta e ci poniamo alla sua sequela - ognuno nelle sue
circostanze - anche noi possiamo partecipare della sua “beatitudine”. Nel novero
delle beatitudini ci siamo tutti: fra quelle nove ce n'è una proclamata e
scritta per ciascuno di noi che deve individuare e realizzare la propria
missione nel mondo.
La santità si riceve da Cristo, come si diceva sopra, non è di produzione
propria! Nell'Antico Testamento essere santi voleva dire "essere separati" da
tutto ciò che è impuro; nell'accezione cristiana vuol dire piuttosto il
contrario e cioè "essere uniti" a Cristo e separati dal peccato.
I santi, cioè i salvati, però, - va ricordato - non sono soltanto quelli
elencati nel calendario o nell'albo dei santi. Vi sono anche i "santi
sconosciuti": quelli che hanno rischiato la vita per i fratelli, i martiri della
giustizia e della libertà, o del dovere; i "santi laici", come li ha chiamati
qualcuno. Senza saperlo anche le loro vesti sono state lavate nel sangue
dell'Agnello, se hanno vissuto secondo coscienza e hanno avuto a cuore il bene
dei fratelli.
Un’ultima considerazione va tenuta presente e spiegata: la Chiesa è santa
e peccatrice. Nella professione di fede della Chiesa preghiamo: "Credo nella
Chiesa una, santa, cattolica e apostolica". Santa vuol dire che, in quello che
viene da Dio, è santa, poiché è unita a Cristo, il Santo, che, con il Padre e lo
Spirito, l'ha amata e si è donato per essa per santificarla. La Chiesa è il
popolo santo di Dio e i suoi membri sono chiamati santi
(Catechismo n.
823).
Dove esiste la pratica dell'amore, della giustizia e del bene, lì è
presente la Chiesa santa, ovunque, anche in coloro che non udirono mai il
messaggio del Vangelo, anche lì sussiste la Chiesa santa. Coloro che vivono
così sono santi. Tutto il popolo di Dio è santo nella sua
costituzione.
La santità delle persone, però, non è qualcosa al di fuori della realtà:
accade giorno per giorno attraverso l'amore che è l'anima della santità. Teresa
di Lisieux scriveva: «Compresi che la Chiesa aveva un corpo, composto di
differenti membri... compresi che la Chiesa aveva un cuore, e che questo cuore
ardeva di amore" (Autobiografia B 3v). L'amore vissuto da ogni membro, e da
parte di tutti, realizzala santità. Tutti sono chiamati a vivere questa santità
che non viene offuscata dalla fragilità dei suoi membri.
Ma ritorna spontanea la domanda: «Come una Chiesa può essere santa avendo
errori e difetti?» Da parte di Dio essa è santa, da parte delle persone che la
compongono, c'è il cammino di santificazione. Per questo preghiamo: «Chiesa
santa e peccatrice» (Preghiera Eucaristica V). Nella terra, la Chiesa è
rivestita di una vera, anche se imperfetta, santità (Catechismo n. 825).
Il corpo di Cristo santo e immacolato, è composto di peccatori che
camminano nella ricerca della santità. Sapere che ci sono difetti e che si deve
migliorare è una delle grandi forze della Chiesa. Se la si giudicasse perfetta
non potrebbe crescere né scoprire i mali che potrebbero corromperla. E per
questo è sempre pronta a purificarsi e convertirsi. Se fosse solo umana, la
Chiesa sarebbe già scomparsa. Anche con i fallimenti, essa cammina, avendo
bisogno di convertirsi sempre più al vangelo.
La Chiesa è composta di peccatori e santi. Fu costituita da Cristo
proprio così per essere un faro per l'umanità, pellegrina sulla terra.
Attraverso i secoli ha dato e continua a donare il suo contributo per il bene
delle persone, come si può osservare nelle molteplici attività in cui prende
parte nel sociale, a tutti i livelli. La più grande opera della Chiesa è stata
quella di aprire al mondo i tesori della redenzione che Cristo gli ha affidato
inviando gli apostoli a continuare la sua presenza e missione. Così essa è
promotrice di santità fra gli uomini. Le fragilità umane assunte dal Verbo
incarnato mostrano che c'è posto per tutti nella Chiesa che accoglie tutti come
ha fatto Gesù stesso.
Permalink: http://www.zenit.org/article-33572?l=italian
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