RIFLESSIONE SULLA PREGHIERA DEL “PADRE NOSTRO”

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Benevento 18 giugno ’09

Relatore fr. Luciano M. Pugliese  

In questo incontro tratteremo la preghiere del “Padre nostro”, che è l’unica preghiera che ha insegnato Gesù ai suoi discepoli, e una preghiera semplice nel dirla, ma difficile nel suo contesto, intensa e ricca nel suo insegnamento; è la preghiera che ci unisce in un vincolo d’amore verso il Padre.

Ecco come viene classificata da alcuni grandi santi e dottori della Chiesa, è “la sintesi di tutto il Vangelo” ci dice Tertuliano; è “la preghiera perfettisima” afferma san Tommaso d’Aquino, sant’Agostino invece ci dice che “la preghiera è una ginnastica del desiderio”, la preghiera del Pater e posto al centro del discorso della montagna.

Ma cerchiamo di capirla passo dopo passo.

PADRE”: In aramaico si dice “Abbà”. Sappiamo che è il grido dello Spirito, che Dio ha mandato nei nostri cuori che è la prova, che, non solo siamo chiamati per nome, Dio ci chiama e ci conosce uno per uno, ma che siamo realmente figli.

Abbà che non significa padre ma papà, che come sappiamo e un termine affettuoso e famigliare, sono le prime parole che un bimbo dice, che apre il cuore e lo fa sciogliere in lacrime, il neo papà che si sente chiamare papà dal proprio figlio.

NOSTRO”: Perché diciamo nostro e non mio? Perché il padre di Gesù che chiama padre Dio e attraverso di lui ed in lui che ci rende uniti a Dio essendo fratelli di un unico Padre e così diventa nostro, la paternità di Dio fonda la fraternità, il “nostro” esprime una relazione totalmente nuova con Dio, e ci apre all’universalità, il “mio” sembrerebbe un atto di egoismo, che poi in intimità nella preghiera del cuore lo chiamo Padre mio stammi vicino e diverso, perciò quando dice Gesù quando pregate dite “Padre nostro” perché ci rende uniti. Infatti diciamo “nostro” perché la chiesa di Cristo è una moltitudine di fratelli che hanno “un cuor solo e un’anima sola”.

Qua possiamo pensare a quando Gesù dice “Ama il tuo prossimo come te stesso”, o “Amatevi gli uni gli altri con amare fraterno”, con la carità perfetta, che è vincolo di perfezione.

CHE SEI NEI CIELI”: Perché non che “sei” nel cielo? Questa espressione biblica non indica un luogo, ma un modo di essere, Dio è al di là e al di sopra di tutto; E una formula che a prima vista sembra allontanarci dal Padre, ma, in realtà è una formula che gli ebrei indicano la presenza di Dio dall’alto che si prende cura di tutto il mondo, ci guarda e ci osserva dall’alto, il cielo poi designa la vera casa, la vera patria del padre, noi viviamo già in essa nascosti in Cristo in Dio.

SIA SANTIFICATO IL TUO NOME”: Glorificare il suo nome è il riconoscerlo come Dio onnipotente e glorificarlo, dargli ogni lode, e il riconoscerlo come santo, è la santità del suo nome è riconosciuta da noi suoi figli quando noi diverremo “perfetti come e perfetto il Padre”. Come lo santifichiamo il nome di Dio? Con la nostra vita, le nostre azioni, il nostro amare l’altro come fratello ed il nostro operare che si completa nei suoi sacramenti che ci ha lasciati attraverso il sacrificio del Figlio sulla croce, se tutti lo riconoscerebbero come egli è si sta realizzando il Regno.

VENGA IL TUO REGNO”: Che cose il Regno di Dio? Gesù lo rappresenta in vari modi, con varie parabole, la Chiesa invoca la venuta finale del Regno attraverso il ritorno di Cristo nella gloria. Il Regno del Padre e la fraternità dei figli. Quali sono i frutti di questo regno, che e già qui se lo vogliamo pregustare nell’attesa della sua venuta: Amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza ,bontà, fedeltà, mitezza e libertà. È la fine di ogni schiavitù e ingiustizia, egoismi malvagità ecc.

SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ”: La volontà di Dio, che è Padre, è la fraternità tra di noi che compie ogni giustizia.

La volontà e la facoltà di volere e di amare il bene, e la volontà che tutti gli uomini siano salvi, noi preghiamo il Padre che si unisca la nostra volontà alla volontà del Figli, unità alla Vergine e ai Santi.

COME IN CIELO COSI IN TERRA”: L’amore che è in cielo tra il Padre e il Figlio, sia in terra tra gli uomini, e cosi siano fratelli tra di loro.

L’espressione terra conclude quella prima parte della preghiera e segna il passaggio alla seconda, il cui il cielo scende sulla terra come pane, perdono e vita filiale e fraterna. Ora dopo aver santificato e invocato il Padre adesso invochiamo il nostro bisogno di figli e ci impegniamo ad amarci ad perdonarci e a servire con gratuità.

DACCI OGGI IN NOSTRO PANE QUODITIANO”: Se si fa caso anche questa innovazione che facciamo e in plurale, “dacci il nostro”, chiedo di darmi il pane per me e per i miei fratelli che sono sparsi nel mondo, perché e il pane del Padre che mi fa figlio e fratello di tutti, il pane è la vita, ma il nostro pane deve essere la sua Parola che si fa carne nell’amare i fratelli, è l’abbandono fiducioso dei figli nel Padre di cui mai ci abbandonerà.

RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI”: Questa domanda che noi volgiamo ci permette di vivere come fratelli e di sentirlo come Padre. Analizziamo ogni parola: “Rimetti” in greco è mandar via, allontanare. I nostri debiti che ci stanno addosso come peso e non ci lasciano respirare, ci libera da questi pesi il perdono, la carità, l’amore.

A noi”: Come il chiedere il pane cosi chiedo per me e per tutti il perdono e la lontanza del male.

I nostri debiti”: Il termine traduce una parola ebraica che significa debito o peccato. A Dio noi dobbiamo tutto quello che siamo e abbiamo, Gesù ci insegna ancora una volta a metterci dinanzi al Padre nella verità. Noi siamo fragili, poveri e peccatori, il Padre ci conosce e conosce queste nostre debolezze e ci accoglie, ma anche noi dobbiamo accogliere e capire quelle degli altri, il perdono lo si riceve quando lo si dà.

L’amore vive di dono e di perdono: sé nel bene e dono, nel male cresce il perdono. La salvezza e passare dalla logica del debito e della colpa a quella del peccato e del perdono.

COME ANCHE NOI L’ABBIAMO RIMESSI AI NOSTRI DEBBITORI”: Si suppone che quando ci mettiamo dinanzi al Padre a chiedergli il perdono è perché già noi lo abbiamo dato al fratello e ci siamo ricongiunti e riconciliati, se non perdono non posso essere figlio! Il perdonare non è un dono che faccio a lui, ma che da lui ricevo: perdonando ricevo lo Spirito del Padre.

La misericordia entra nel nostro cuore solo se noi pure sappiamo perdonare cosi come fa il Padre verso di noi, perfino ai nostri nemici. Per questo il perdonare è il miracolo più grande che possiamo fare e donare, che fa resuscitare un morto: è nascere alla vita immortale.

FA CHE NON ENTRIAMO IN TENTAZIONE”: Dio non tenta e non ci induce in tentazione, ci può metterci alla prova quando noi lo invochiamo e gli dedichiamo la nostra esistenza, è invece colui che ci da la forza di non cadere. Le tentazione fanno parte del nostro cammino, con la tentazione noi invochiamo il Padre, perché in essa diventa luogo di vittoria e non di sconfitta. Noi chiediamo a Dio di non lasciarci soli in balia del vento. Domandiamo allo Spirito di saper discernere, da una parte, fra la prova che fa crescere nel bene e la tentazione che conduce al peccato e alla morte, dall’altra parte, fra essere tentati e consentire alla tentazione.

Questa domanda al Padre ci consente di essere uniti al figlio che sconfigge la tentazione con la preghiera.

MA LIBERACI DAL MALIGNO”: Quest’ultima domanda ci indica che colui che ci vuole dominare e il maligno, il male e satana, che ha come alleato le nostre passioni, debolezze e fragilità. L’opera di Dio e strapparci da essa e custodirci nel suo amore, solo con la preghiera incessante si può ottenere questo l’essere liberati dal male, il male si sconfigge con la carità, l’umiltà, l’amare, il perdonare.

San Francesco dove si situa in questa preghiera, sappiamo che ha fatto il commento al Padre nostro, ebbene per Francesco la preghiera del “Padre nostro” è un vero e proprio specchio di vita, è un programma di santità.

Francesco ci invita proprio ad amare e a vivere questa preghiera di Gesù. Francesco ha vissuto a pieno tutta la delizia di chiamare Dio “Padre nostro” e ci invita a chiamare anche noi Dio “Padre nostro”.

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