28- GIORNO- MESE DEL SACRO CUORE- Dagli scritti di S. MARGHERITA M. ALACOQUE

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GIORNO XXVIII.

I. Quanto amore alla croce si possa ispirare dal Cuore di Gesù.

- « Come le cose tutte hanno riposo solamente nel proprio centro, così il mio cuore tutto som­merso nel Cuore umilissimo di Gesù suo centro, prova una sete ardente di umilia­zioni, disprezzo e dimenticanza da tutte le creature, non mai trovandomi più soddi­sfatta che quando mi vedo conforme al mio Sposo crocifisso.

« Io non so come una sposa di Gesù crocifisso possa non amare la croce e fug­girla, mentre con ciò ella dispregia Quello che l'ha portata per nostro amore, facen­dola oggetto delle sue delizie.

« La grazia che io stimo di più, dopo lui stesso, è il dono della preziosa sua cro­ce. Se l'uomo ne conoscesse bene il valore, essa non sarebbe tanto fuggita e respinta da ciascuno; ma in cambio sarebbe tal­mente amata e prediletta che altri non sa­prebbe trovar piacere se non nella croce, nè avrebbe più desiderio che di morire nelle sue braccia, sprezzato e abbandonato da tutti quanti. Ma bisogna per questo che il puro amore sia il sacrificatore e con­surnatore del cuore nostro, come fu di quello del nostro dolce Maestro.

« Un cuore che veramente ami può mai lagnarsi sulla croce, o anzi nei Cuor di Gesù, ove tutto è cambiato in amore? La croce è il trono dei veri amanti di Gesù Cristo. Vero è che io non vi sono in tal modo; solo in causa dei miei peccati, ma non importa; purchè vi patiamo con Gesù Cristo, per amor di lui e secondo i suoi disegni, tanto ci basti.

« Io voglio imparare nel sacro Cuore di Gesù a tutto soffrire senza lamentarmi di cosa veruna che mi facciano; poiché niente altro è dovuto alla polvere che il calpestarla ».

Riconosciamoci poveri in ogni maniera, grazie a Dio! nè bramiamo esser ricchi se non del puro amore dei patimenti; disprez­zi ed umiliazioni. In una parola Gesù l’amor suo e la sua croce formano tutto il bene della vita. La croce, i disprezzi, i dolori e le afflizioni sono i veri tesori degli amanti di Gesù Cristo: Assoggettiamoci dunque con gaudio agli ordini del nostro Sovrano, confessando, a malgrado di quanto ci sem­bri duro e afflíttivo, che egli è buono è giusto in tutto quello che fa e merita in ogni tempo lode, amore e gloria. Chi dice puro amore, dice puro pati­mento. Noi dobbiamo aver care le nostre ­pene ed unirci ai disegni di Dio sopra di noi.

In verità io non so che dire a quelli che amo, se non parlo della croce di Gesù Cristo; e quando mi domandano la grazia che il Signore ha fatto a me, indegna pec­catrice, non saprei favellare se non della felicità in soffrire con Gesù Cristo, perchè non vedo io niente di più prezioso in que­sta vita per gli amanti di lui che il patire per amor suo. La croce è un tesoro inesti­mabile, la croce è la mia gloria, l’amore mi vi conduce, l'amore mi possiede, l'a­more mi basta.

II. Ricorda la Santa di avere in sua fanciullezza cercato di separare la santità dal sacrificio.

- « Il mio Maestro faceami vedere la bellezza delle virtù, spe­cialmente dei tre voti di povertà, castità ed obbedienza, dicendo che in praticarli si addiviene santo, e me lo dicea perchè gli domandassi pregando di farmi santa. E come io non leggeva guari altro che il li­bro delle Vite dei Santi, dicea meco stessa, nell'aprirlo, Scegliamone una ben facile ad imitare, affinchè possa così anch'io farmi santa. Ma, o Dio mio, non pensava io allora quello che poi mi avete fatto conoscere e sperimentare, ed è che avendomi il Cuor vostro rigenerato sul Calvario con tanto dolore, la vita datami così da voi dovea mantenersi sol coll'alimento della croce, la quale sarebbe il delizioso mio pasto».

III. Tuttochè inebriata dall'amore della croce, ella nondimeno ne sentì le spine.

- La Santa ci narra in tal modo una visione onde il Signor nostro la onorò dopo la professione, avendo ella detto: «Ah Dio mio, mi lascerete voi sempre vivere senza patire?

Mi fu mostrata prima una gran Croce, di cui non si potea vedere gli estremi, tutta coperta di fiori, e nel tempo medesimo il mio Sovrano mi fece udire queste parole: Ecco il letto delle caste mie spose, dove io ti farò appieno gustare le delizie del mio amore: a poco a poco cadranno questi fiori, e solo te ne rimarranno le spine da essi nascoste a cagione della tua debolezza ma poi ne dovrai sentire così vivamente le punture, che ti abbisognerà tutta la forza dell'amor mio a sopportarne il dolore. - Le quali parole molto mi rallegrarono, pensando che non vi sarebbero mai nè patimenti, nè umiliazioni, nè disprezzi bastevoli ad estin­guere 1' ardente sete che ne avea, nè potrei io mai trovar patimento più grande di quel­lo che sentiva in non sofferire abbastanza, mentre il suo amore non mi lasciava riposo alcuno nè giorno nè notte. Ma queste dol­cezze mi affliggevano, ed io voleva la croce tutta pura.

« Senza croce, dice ancora, io non potea vivere nè gustar piacere, neppur celeste e divino, perchè tutte le mie delizie erano solo in vedermi conforme al mio Gesù ap­penato.

Ella non tardò ad esperimentare 1' effet­to della promessa di nostro Signore, ed in questa forma lo racconta: « Io mi trovava qualche volta sopraccarica di tanti dolori da sembrarmi al cominciare di un esercizio che non ne sarei giunta al termine; e finito uno, ne cominciava, un altro colle medesime pene dicendo: O Dio mio, fatemi la gra­zia di poterne arrivare alla fine; - e ren­deva grazia al mio Sovrano che così misu­rasse i miei momenti coll’orologio dei suoi patimenti, per farne suonare tutte le ore colle ruote de' suoi dolori.

« Questo Spirito onde io credo esser guidata, vorrebbe vedermi sempre immersa in ogni maniera di umiliazioni, di travagli e di contraddizioni. La natura non vi trova il suo conto ma questo spirito che governa il mio non può sofferire che io abbia piacere alcuno fuor quello di non averne punto. « Piace al Signore di tenermi in uno stato di continuo, patimento, dove io non riconosco più me stessa, con uno sfinimento di forze che mi dà somma pena a trascinare questa carne miserabile di peccato. Mi sembra di essere come serrata in oscura prigione, at­torniata di croci che io abbraccio ad una ad una.

« Se sapeste il mal uso che io faccio di così gran bene, soprattutto di quelle care e preziose umiliazioni ed abbiezioni, ac­compagnate da pressure di cuore, abban­donamenti ed angustie di quasi ogni ma­niera! Parmi a volte che l'anima mia sia ridotta come all'agonia ed all’ultimo estremo nonostante il piacer ch'ella gusta nel veder­si naufraga in tale oceano di amarezze, da me riputate le carezze più tenere del divino mio sposo.

« Io mi sento spingete di continuo a patire, con ripugnanze spaventevoli della parte inferiore; ciò che mi rende le mie croci così pesanti e così dolorose che io soccomberei mille volte, se l' adorabil Cuo­re del mio Gesù non mi fortificasse ed as­sistesse in tutte le necessità. Eppure tra i miei continui patimenti il mio cuore rimane sempre assetato di patire.

IV. Unione a Gesù immolato.

- « O dolce mio Gesù, unico amore del mio cuore dolce supplizio, dell' anima mia, e dilettoso martirio della Pia carne e del mio corpo, tutta la grazie che io vi domando per onorare lo stato vostro di ostia nel santissimo Sacramento si è che io viva e muoia vit­tima del vostro Sacro Cuore, per un amaro disgusto di tutto ciò che non è voi: vittima della vostra santa anima, per tutte le ango­scie di cui è capace la mia; vittima del vostro corpo, per 1' allontanamento di quello che soddisfar possa il mio, come per l'odio di una carne rea e maledetta.

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